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copertina del volume

Atti del VI Convegno nazionale sulla peschicoltura meridionale (Caserta, 2008)

Anno di pubblicazione: 2009

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Nel comparto delle pesche, a livello produttivo, la Campania ha il primato assoluto nel Mezzogiorno, con 300.000 tonnellate circa di prodotto all’anno e con una superficie investita che supera i 20.000 ettari. Questi dati dimostrano l’importanza che il comparto tuttora riveste per l’economia agricola della Campania, anche per l’indotto che esso genera fino all’immissione al consumo.

È una produzione alquanto diversificata, quella campana, in quanto accanto a produzioni di eccellenza provenienti da imprese che hanno adottato di recente processi di ammodernamento ed utilizzato innovazioni tecnologiche di avanguardia, sussiste una quota considerevole di produzione tradizionale, fatta di varietà autoctone per il mercato locale e soprattutto di prodotto di scarsa qualificazione commerciale.

Lo spostamento progressivo in atto della peschicoltura meridionale verso aree maggiormente vocate per esaltare il fattore “precocità”, come la Sicilia e la Basilicata o verso aree di nuova irrigazione come in Puglia e in Calabria, pone ai produttori campani un problema impellente di riposizionamento sui mercati nazionali ed internazionali. Senza fare i conti poi con le aree produttive dei Paesi africani emergenti, come l’Egitto, la Tunisia e il Marocco.

Si tratta cioè di progettare per il comparto un nuovo assetto sul mercato, riorientare cioè gli investimenti necessari per rivitalizzare il settore, impiegando al meglio le innovazioni disponibili. In fondo agli imprenditori campani, soprattutto a quelli giovani e determinati, non mancano le capacità tecniche e professionali per promuovere un’inversione di rotta che privilegi maggiormente la qualità del prodotto esitato, senza più inseguire l’obiettivo della precocità a tutti i costi, come la tendenza degli anni ’70-80 aveva imposto di ottenere.

In tal senso, l’opportunità dei fondi strutturali del PSR 2007-2013 per realizzare questo cambiamento è troppo grossa per lasciarla decadere. Invito, pertanto, gli operatori ad affrontare con coraggio questa inversione e puntare determinati verso la qualità certificata delle proprie produzioni, non dimenticando che dalla loro parte hanno un valore aggiunto che altre aree non possiedono: la straordinaria vocazionalità della Campania alla peschicoltura di qualità.

Lo svolgimento in Campania della VI edizione del presente Congresso ha voluto appunto riaffermare l’assoluta centralità di questa regione per il comparto e testimoniare che la coltura del pesco può ancora continuare ad assumere un significato strategico per il sistema agroalimentare campano e del Mezzogiorno in generale.

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