Prodotti tradizionali

uva coda di volpe rossa

Zona di produzione

Comuni di Paternopoli, Castelfranci, Montemarano e Castelvetere in provincia di Avellino

Descrizione

Uva a grappolo grande di forma piramidale, alato, semi serrato o spargolo con grandi foglie pentagonali e pentalobate. Gli acini, sub rotondi e di piccole dimensioni, sono ricchi di pruina ed avvolti da una spessa buccia rosso scuro. Può essere impiegata come una da tavola (un tempo era consuetudine appendere i grappoli ad essiccare) oppure per la produzione di vino Coda di Volpe Rossa, un nettare di colore rosso rubino intenso con riflessi aranciati, caratterizzato da un sapore caldo e avvolgente, con una certa tannicità, che lascia in bocca una finale sensazione amarognola. Al naso si avvertono note di frutti rossi, amarena e fragola ma anche di spezie e vaniglia.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, condizionamento, stagionatura

È un vitigno da rese medie ed è inoltre sensibile alle avversità meteorologiche. Il periodo della vendemmia solitamente coincide con le ultime due settimane di settembre o i primi dieci giorni di ottobre. Particolare attenzione viene dedicata alla fase di estrazione poiché è ricca fenoli.

Osservazioni sulla tradizionalità

La varietà Coda di Volpe Rossa è ancora presente in alcuni ceppi in Irpinia poiché le vigne coltivate ad uso familiare ne hanno preservato l’espianto; infatti i vitigni sono in genere condotti nelle forme tradizionali a starseto (pergola avellinese), a raggiera o a piede.

Il suo nome deriva dal latino “Cauda Vulpium”, per la caratteristica forma del grappolo lunga, affusolata e compatta che ricorda appunto la coda della volpe. La storia è particolarmente affascinante se si considerano oltre all’antichità che ne contraddistingue le origini anche i numerosi casi di sinonimia e omonimia segnalati da numerosi studiosi. Il primo a citarla è Plinio il Vecchio nel libro XIV del suo famoso Naturalis Historia che, trattando dei vitigni adatti ad essere allevati con il sistema della pergola scrive: “minus tamen, caudas vulpium imitata, alopecia”. Fu il Porta nel 1584 a sostenere che con il nome di Coda di Volpe si coltiva un vitigno identificabile con le uve alopecia sebbene tale ipotesi non fosse suffragata da elementi certi. Ne fa menzione anche Giuseppe Frojo nell’atlante ampelografico risalente al 1875.